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Giorgio Risari Mar 2017
Il sentimento di impotenza in Erich Fromm

Risalirebbe a reiterate modalità relazionali parentali in cui il bambino, disconfermato nella sua spinta all’autonomia, si è convinto di non poter ottenere nulla se non con l’aiuto e la collaborazione esterna dei genitori (*)

La tesi innovativa di Fromm , che sta ormai per consumare lo strappo definitivo dalla teoria della libido e delle pulsioni di Freud, è che i pazienti “nevrotici” che egli ha in cura e che ricevono il trattamento psicoanalitico hanno la profonda ed inconscia convinzione di essere senza possibilità di agire nei confronti della situazioni problematiche della vita, di non potervi influire e quindi di non poter fare nulla dato che loro sono inetti, incapaci, sono essi stessi “nulla”. Essi quindi, non contando nulla, sono “impotenti” ad agire e ad influire in qualunque modo sulle difficoltà che la vita comporta: essi nutrono un profondo senso di impotenza nei confronti del Mondo che li sovrasta , li minaccia , li mette in difficoltà ed in pericolo. Inoltre, dal punto di vista intrapsichico Fromm fa rilevare la presenza contraddittoria nella psiche del medesimo soggetto di una immagine di sè grandiosa e contemporaneamente di una immagine di sè negativa e spregevole : insomma nella psiche di tali soggetti mancherebbe una immagine equilibrata e proporzionata di sè che li renderebbe capaci di interagire efficacemente con la realtà ed il Mondo.

La conseguenza di tale radicata convinzione è la nascita nell’individuo di forti sensi di inferiorità che lo condizionano ancora di più nel corso della sua esistenza. Non solo , ma ciò comporta anche altre conseguenze, riscontrabili nelle nevrosi moderne. Innanzitutto l’attività frenetica ed incessante dell’individuo (aggravata del resto dal modello di vita della società moderna sempre più sofisticata e ipercomplessa): l’individuo in questione non sta mai fermo,è “iperattivo”, non si permette e non ha mai un attimo di sosta ma è continuamente affaccendato in mille attività diverse che lo lasciano in preda ad un’ansia continua ed oppressiva che lo sfinisce, non si ferma mai a pensare al senso di ciò che fa e al significato della sua vita e tanto meno al problema della sua identità, al “chi è lui”, dato che è immerso in una quantità di cose da svolgere in un tempo sempre più veloce e sempre più contratto. Come forma di compensazione al pervasivo senso d’impotenza, fa rilevare Fromm, nei pazienti nevrotici moderni si attiva ed è presente un impulso al controllo compulsivo ed alla padronanza esagerata di situazioni anche banali della vita quotidiana che agli occhi del nevrotico appaiono straordinarie ed ingestibili , come ad esempio la continua ripetizione di atti (quasi rituali e magici) di ispezione all’impianto del gas ritenuto appunto “fuori controllo” oppure al lavandino ed al rubinetto dell’acqua (la fantasia inconscia corrispondente è che il gas fuoriesca nonostante la valvola di apertura sia chiusa saturando il locale- soffocando chi vi abita- o facendolo esplodere, e ancora che l’acqua debordando tracimi e provochi l’alluvione della stanza e della casa - facendo naturalmente annegare i presenti, compreso ovviamente lui stesso). E’ chiaro che tale comportamento degenera in una forma di nevrosi ossessivo-compulsiva, in cui la continua ripetizione coattiva dell’atto di controllo è l’effetto della convinzione che il nevrotico ha di non aver mai fatto abbastanza per controllare la situazione potenzialmente pericolosa, dato che qualunque cosa egli faccia non conta nulla, essendo inefficace ed inadeguata nei confronti del fatto concreto valutato (inconsciamente e poco realisticamente) fuori della sua portata e al di là del raggio d’influenza della sua azione.

Un’altra conseguenza del senso d’impotenza è l’instaurarsi di un potente sentimento di rabbia (inconscio) dietro la facciata rassegnata e il comportamento passivo: il nevrotico, a causa del suo sentimento inconscio di impotenza, diventa furioso contro di sè e contro gli altri; tale furia si può scatenare da un momento all’altro anche in occasione di un fatto banale della vita quotidiana. Ancora, il nevrotico afflitto dal sentimento d’impotenza, soffre di una ansia e di un’angoscia sempre più diffusa e sempre più potente: per sfuggire a tale sentimento soffocante ed opprimente , il nevrotico aumenta la sua attività frenetica nel mondo esterno, alimentando così un perfetto circolo vizioso in cui l’ansia aumenta la sua attività ripetitiva, incessante e coatta, ma quest’ultima rafforza ancor di più l’ansia originaria, anzichè indebolirla ed eliminarla . D’altro lato, osserva Fromm, la situazione psicoanalitica stessa agli occhi del nevrotico appare essere una specie di “rito magico” dove, eseguendo minuziosamente e scrupolosamente le prescrizioni del “cerimoniale “ della seduta e dell’analista “stregone” o “sacerdote”, il miracolo della “guarigione” del paziente nevrotico, si verificherà certamente ed automaticamente (come in una bella fiaba a lieto fine, attraverso una segreta ed inspiegabile magia).

La spiegazione dell’origine di tale sentimento con le sue dannose conseguenze è fatto risalire da Fromm -impostando in modo nuovo ed originale il problema, al di là ed indipendentemente dalla teoria freudiana dello sviluppo infantile impostata solo sulla fissazione della libido - ad alcune situazioni nelle quali il bambino non è stato considerato degno di attenzione e quindi non è stato preso sul serio dai genitori che lo hanno ignorato e disconfermato, ne hanno paralizzato la voglia di autonomia attraverso il rifiuto dei suoi desideri, non gli hanno permesso di raggiungere i suoi obiettivi con le sole proprie forze in modo indipendente da loro, ne hanno negato la volontà autonoma minando la sua fiducia di base e quindi l’autostima. Il bambino perciò si è convinto di non poter ottenere nulla se non con l’aiuto e la collaborazione esterni dei genitori: la sua forza di espansione ed energia vitale è stata bloccata, il suo sviluppo verso l’indipendenza personale minato ed impedito. Tale senso d’impotenza ha quindi un’origine e subisce un rafforzamento in base al tipo di costellazione familiare in cui il bambino si trova a crescere , anche in base alla collocazione sociale del nucleo famigliare e della sua appartenenza a una diversa classe sociale (da quella medio-alto borghese, a quella piccolo borghese a quello proletaria).

Per concludere, quindi, tale complesso psicologico è favorito o meno dal modo in cui la società moderna si presenta agli occhi del bambino tramite l’educazione (trasmissione di valori e virtù sociali) impressagli dalla famiglia a sua volta determinata dalla posizione che essa occupa nella scala sociale.


(*) Erich Fromm pubblica nel 1937 sulla rivista psicoanalitica Imago, diretta da Hans Sachs (suo analista personale e supervisore all’Istituto psicoanalitico di Berlino, nonchè membro del “Comitato dei Sette” a Vienna già dal 1909, èlite del movimento psicoanalitico diretta personalmente da Freud) l’articolo “Das Gehful des Ohnmachts”, cioè “Il sentimento d’impotenza”.

Giorgio Risari


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